AL VIA IL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI: LA SOLA CONTESTAZIONE DELL’ILLECITO AMMINISTRATIVO A CARICO DELL’ENTE PUÒ DETERMINARNE L’ESCLUSIONE DALLA GARA.
Reati contro la P.A. e Responsabilità degli enti ex D.lgs. 231/2001
In data 28 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legislativo attuativo dell’art. 1 della Legge 21 giugno 2022, n. 89 recante delega al Governo in materia di contratti pubblici. Il nuovo Codice degli Appalti entrerà in vigore dal 1° aprile 2023 e troverà applicazione per tutti i procedimenti successivi a tale data, mentre dal 1° luglio 2023 è prevista l’abrogazione del testo precedente (D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
La riforma mira alla riduzione dei tempi di celebrazione delle gare e alla digitalizzazione dell’intero sistema degli appalti. Tra le misure predisposte spiccano anche gli interventi sul Titolo IV dedicato ai requisiti di partecipazione e alla selezione dei partecipanti. Tra questi, oltre all’eliminazione del riferimento alla sentenza di patteggiamento tra le cause di esclusione automatica di un operatore economico (art. 94), si annovera anche la ridefinizione del perimetro del c.d. “illecito professionale grave”.
Quest’ultimo si rinviene all’interno dell’art. 95 tra le cause di esclusione non automatica, in cui si statuisce che la stazione appaltante esclude dalla partecipazione un operatore economico qualora accerti “che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (dell’art. 95, comma 1, lett. e).
Nel definire poi il contenuto dell’illecito professionale si stabilisce che questo possa desumersi dalla “contestata o accertata commissione” da parte dell’operatore economico oppure dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94 – dunque anche dai soggetti che operano per suo conto come il direttore tecnico, i membri del CdA o i componenti degli organi con poteri di vigilanza – dei reati previsti dal D.lgs. 231/2001 (art. 98, comma 3, lett. h, n. 5 del D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).
In ordine ai mezzi di prova ritenuti adeguati ai fini dell’integrazione dell’illecito professionale, con specifico riferimento alla disposizione concernente i reati presupposto 231 vengono indicati la sentenza di condanna definitiva, il decreto penale di condanna irrevocabile, la condanna non definitiva e i provvedimenti cautelari reali o personali (art. 98, comma 6, lett. h). In tal senso si è in parte modificato – ragionevolmente – il precedente testo che considerava parimenti adeguati anche atti unilaterali del Pubblico Ministero come il decreto di citazione diretta a giudizio o la richiesta di emissione del decreto penale di condanna.
La responsabilità amministrativa da reato dell’ente guadagna così ulteriore terreno, divenendo sempre più un elemento primario di valutazione agli occhi della Pubblica Amministrazione.