Le Sezioni Unite dicono “no” alla configurabilità dell’usura sopravvenuta
Le Sezioni Unite Civili delle Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24675/17 del 19 ottobre u.s., dicono “no” alla configurabilità dell’usura sopravvenuta nei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della Legge 7 marzo 1996, n. 108.
Nel risolvere l’annoso contrasto giurisprudenziale, i giudici della Suprema Corte fanno applicazione dell’art. 644 c.p. quale norma di interpretazione autentica che, ai fini della qualificazione di un tasso come usurario, impone di considerare il “momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
In applicazione di detto principio, la Corte conclude che, laddove al tempo della pattuizione il tasso sia inferiore alla soglia anti usura, si deve escludere la nullità o l’inefficacia della corrispondente clausola contrattuale, l’illiceità della pretesa del pagamento del creditore e, a maggior ragione, la configurabilità del reato di usura, ancorché al tempo del pagamento sopraggiunga il superamento della soglia medesima a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 108 del 1996.
È importante evidenziare che i dicta delle Sezioni Unite hanno eccezionalmente rilevanza anche con riferimento ai contratti successivi alla suddetta legge, recanti tassi inferiori alla soglia d’usura, nel caso in cui la medesima sia stata poi superata nel corso del rapporto per effetto della caduta dei tassi mesi di mercato. Ipotesi, quest’ultima, prospettabile – in linea teorica – sia con riguardo a tassi variabili che riguardo a tassi fissi, anche se a ben vedere nella prassi solo questi ultimi hanno sinora fornito una casistica.
Si segnala infine che, in piena tutela delle ragioni creditorie contrattualmente previste, la Corte ha altresì escluso che la pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione possa violare il principio di buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto di cui agli artt. 1339 e 1419 c.c.